L’attuale contesto ipercompetitivo e globalizzato porta alla necessità di un’imprenditorialità illuminata che sappia cogliere nell’evidente dinamismo operativo, un’opportunità invece che una minaccia che ingessa. Un valido approccio strategico prevede la presa di consapevolezza del ruolo degli asset intangibili nel patrimonio aziendale ed in particolare del Know-How.
Per Know-How si intende l’insieme di capacità, competenze, conoscenze, informazioni tecnologiche, esperienze e abilità necessarie per svolgere una determinata attività lavorativa, sia essa manuale o intellettuale. Esso, dunque, ad un’analisi sensibile, risulta essere un valido agente che interviene nella definizione del risultato aziendale. Una buona dotazione di asset materiali, infatti, appare insufficiente se non vi si accompagna un’esperta capacità di utilizzo degli stessi, ovvero un valido Know-How.
Sebbene tali informazioni non siano brevettabili, perché mancano i requisiti propri della scoperta o dell’invenzione, l’impresa che le possiede può beneficiare di un vantaggio competitivo rispetto ai competitors, che è tanto più “duraturo” quanto più è difficoltoso, per i terzi, accedervi. Va, tuttavia, chiarito che proprio per il dinamico contesto a cui si è fatto riferimento, per vantaggio competitivo duraturo non bisogna intendere una sua statica perdurabilità nel tempo, bensì la capacità di realizzare ripetuti vantaggi, che rendano l’impresa bersaglio mutevole per i competitors.
L’azienda può trarre beneficio dal Know-How sia direttamente, attraverso il suo “utilizzo”, sia attraverso la sua cessione a titolo oneroso. Data la già citata mancata brevettabilità del Know-How, occorre garantirne il segreto industriale ovvero la non facile accessibilità da parte di terzi e l’esclusiva comunicazione ai soggetti che, nei limiti dell’effettiva necessità, devono venirne a conoscenza per l’esecuzione dell’attività. Questo a tutela del fatto che tali “risorse” possono essere frutto di anni di esperienze e, pertanto, si vuole minimizzare il rischio che un altro operatore possa acquisirle in tempi e con costi ragionevoli, senza notevoli sforzi o investimenti.
Lo stimolo a riconoscerne e valorizzare l’importanza del Know-How, giunge anche dal Decreto Ministeriale 30 luglio 2015, poi modificato nel 2017, il quale con la disciplina del Patent Box introduce “un regime opzionale di tassazione per i redditi derivanti dall’utilizzo di opere dell’ingegno, di brevetti industriali, di marchi, di disegni e modelli, nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico giuridicamente tutelabili” (art.1).
La ratio evidentemente sottesa è quella di rendere il mercato italiano un polo di attrazione per gli investimenti nazionali ed esteri di lungo termine, favorendo l’investimento in attività di ricerca e sviluppo, incentivando la collocazione e il mantenimento in Italia dei beni immateriali.
Per beneficiare dell’agevolazione occorre identificare metodi e criteri di determinazione del reddito attribuibile all’intangibile, nel rispetto degli standard internazionali rilevanti elaborati dall’OCSE.
Diversi sono i metodi a disposizione.
Laddove possibile applicare in maniera ugualmente affidabile un metodo tradizionale basato sulla transazione e un metodo basato sull’utile delle transazioni, sarà preferibile il primo nel rispetto dell’Arm’s Length Principle.
Invece, se risultano ugualmente affidabili il metodo del confronto del prezzo e un altro metodo di determinazione del prezzo di trasferimento, andrà preferito il primo (CUP method). Tale metodo, applicato sulla base del confronto esterno o del confronto interno, confronta il prezzo applicato nell’ambito di una transazione tra imprese associate con il prezzo applicato in un’operazione giudicata comparabile ed effettuata tra parti non correlate. Il CUP, inoltre, risulta essere il metodo più affidabile per verificare la conformità al principio di libera concorrenza della transazione laddove sia possibile individuare transazioni non controllate comparabili.
Tra gli altri metodi annoveriamo il metodo transazionale di ripartizione degli utili della transazione (Transactional Profit Split Method), idoneo nel caso in cui vi siano beni immateriali di elevato valore e caratterizzati da profili di unicità che, dunque, rendano difficile individuare sul mercato transazioni comparabili tra imprese indipendenti proprio per la carenza di informazioni disponibili e/ o affidabili. In virtù di tale metodo, dopo aver individuato gli utili complessivi da ripartire, gli stessi vengono ripartiti tra le parti coinvolte sulla base di un fondamento economicamente valido che fa riferimento all’analisi del contributo o all’analisi del residuo.
Infine, in mancanza di metodi tradizionali o reddituali è possibile utilizzare in via residuale “valutazioni tecniche” per stimare il prezzo di trasferimento del bene immateriale in condizioni di libera concorrenza.
Dalla pratica professionale, tuttavia, emergono delle problematiche legate al controllo di gestione e alla difficoltà di individuare, soprattutto nelle imprese più piccole, informazioni afferenti alla contabilità analitica e/o di scindere e scorporare i valori positivi e negativi in modo da poterli attribuire ai vari intangibili.
La raccomandazione rivolta alle imprese è di riconoscere la rilevanza del Know-How così da mantenere vivi i propri vantaggi competitivi, generare valore e restare competitive in un mercato che, per quanto esteso, sembra paradossalmente offrire poche opportunità di sopravvivenza. La chiave per sopravvivere, dunque, è effettivamente in una consulenza illuminata ed illuminante che consenta di innovare gli strumenti per trasformare le sfide in opportunità.
Francesco Leone